Oggi, dopo tanto tempo, mentre mettevo ordine tra le cartelle del mio pc, ho ritrovato questo scritto che avevo, presumibilmente, preparato per commentare qualche post di Kali sulla percezione della speranza di rinascita di Giampilieri. Dopo averlo riletto più volte meditando di cestinarlo, ho deciso di farne un post da aggiungere al mio blog che tra l’altro è inattivo da lungo tempo:
“”E’ vero che, come dice Kali, sembra percepire la speranza, ma io, che in quel posto ci sono cresciuto e da cui non riuscirei mai a staccarmici, la vedo nera.
Tanta gente non tornerà per la paura, tanta non tornerà per dimenticare e cercare di far dimenticare, tant’altra coglierà come pretesto l’alluvione per scappare da una terra che, prima di “rapire” quelle vite, vecchie o giovani che fossero, ci ha regalato tanta gioia, serenità, sicurezza e forza di combattere e che oggi, sempre di più, sembra non poterti offrire alcuna opportunità a cui legare la voglia di restare per far rinascere il paese.
Ricordo qualche tempo fa, quando con gli amici, in piazza (quella che non c’è più) alle tre di notte discutevamo delle opportunità e dei progetti per il nostro futuro, quando ognuno di noi, neanche lontanamente pensava di doversene andare da quel posto e che oggi, invece, ci vede sparsi per tutta l’Italia; a quell’epoca “il paese” era ancora tutto abitato e contava circa duemila abitanti d’inverno e forse più in estate, quando gli emigrati tornavano con le loro famiglie per trovare i “propri vecchi” e gli amici che non erano partiti.
A quell’epoca, alla fine del mese di marzo la campagna si illuminava con il fiorire delle piante di agrumi e l’aria era impregnata del buon odore di zagara;
a quell’epoca noi giovani facevamo a gara per arrivare prima degli altri, nel tardo pomeriggio, nella stessa piazza per cercare di accaparrarci una giornata lavorativa negli agrumeti per avere un po’ “d’argent de poche” per non gravare sugli esili bilanci delle nostre famiglie (anche i figli di quelli che i soldi li avevano in abbondanza lo facevano, forse per spirito di solidarietà) e quando si arrivava troppo tardi e non si trovava più ingaggio si rimaneva di m……;
a quell’epoca, capitava pure che qualcuno, dopo averti fatto trasportare un camion di sabbia sulle spalle ti dicesse “sai, ai muli per il trasporto pago diecimila lire al metro cubo, a voi ne do otto; oppure quello che, nel corso della giornata di lavoro che prevedeva il trasporto a spalle delle arance dai posti dove il camion non arrivava, ti diceva “regalo cinquemila lire a chi di voi, nel prossimo viaggio, riesce a portare più cassette” (quando in un’intera giornata di otto ore se ne guadagnavano meno di venti), e noi, forti della nostra giovinezza al posto di due ne caricavamo tre e non bastava a vincere, perché c’era Felice che se ne caricava quattro. Malgrado tutto era bello.
In generale non sono pessimista ma…..
Grazie e scusate per lo sfogo”.
….Orsorossomatto.